Erano gli anni 70 a Biella, anni diversi da oggi, anni più concreti, dove la gente viveva la propria città per le strade, nei bar e nei circoli di paese.

Gli anni delle grandi compagnie, dei motorini truccati e delle Fiat ultimo modello, gli anni delle scorribande e dei giovani ribelli, impetuosi e sprezzanti. Ma in tutto questo movimento giovanile c’era qualcuno pronto a vegliare sulla sicurezza stradale, un uomo inflessibile, severo ma sempre giusto, erano gli anni del vigile Giuseppe Monfermoso, il “Monfo”.

Chi non ha avuto un parente, un amico, un conoscente che in quegli anni non abbia avuto a che fare con lui, che non sia stato fermato, venendo ammonito, multato o redarguito per un’infrazione al codice della strada.

Chi non ha urlato agli amici “Occhio che c’è il Monfo in giro oggi”… Un deterrente che a quei tempi era sinonimo di “meglio andar piano”.

Sempre in moto, sempre presente, sempre pronto ad aiutare, a dirigere, a far valere la sua presenza.
Presenza imponente, perché il Monfo non si nascondeva dietro le case (non avrebbe comunque potuto), lui ti arrivava dritto davanti e se non avevi fatto nulla di male, non avevi nulla da temere. Era un duro, era un burbero ma era un giusto, qualità che purtroppo al giorno d’oggi, spesso fatichiamo a trovare.

Erano gli anni in cui si correva, senza temere nulla e forse con i suoi modi, con il suo stile e con le sua paletta ha contribuito a salvare delle vite.

La gente non lo odiava, lo temeva, come si teme qualcuno che fa il proprio dovere onestamente.
Erano gli anni della ribellione e il Monfo, sempre in moto, sempre presente… ci ha insegnato un po’ di rispetto.