Sembra un’altra vita eppure sono passati poco più di 20 anni, per molti forse è davvero un’altra vita, quella di genitori, zii e amici un pò più grandi. Per noi invece è qualcosa che non solo non c’è più e che non tornerà, è qualcosa che in fondo ci mancherà sempre un po’.
Le compagnie nei paesi, tutte con il loro luogo di ritrovo: il campetto, l’angolo di una strada, il bar o la piazzetta tra Ciao scassati bici Graziella della mamma, con gli amici un po’ più grandi a farla da padrone con il Fifty spiombato o la vecchia moto del nonno.
Poi locali, i negozi, quelli belli, quelli che hanno reso grande la città e la nostra giovinezza, quelli che, per un motivo o per l’altro saranno per sempre parte di noi.
Il Tom & Gerry, con i suoi panini, i suoi tavolini e quel video jukebox che lo rendeva unico, tappa fissa del sabato pomeriggio.
Il TicTac con i tavoloni il legno, il maxi schermo e le immancabili patatine fritte, quando le compagnie si incontravano lì in attesa di organizzare serata.
Il Redpoint a Ponderano, il John Lennon a Vigliano e le feste di fine anno scolastico in Buca e poi, tutti in Cabala. Fragole Panna, poi diventato Papermoon, con le sue vetrine metal, i dischi e t-shirt diverse dal solito, che faceva a gara con Valerio sotto la galleria della Standa, luoghi culto della musica locale, assieme a Cigna.
Via Italia 9 e il suo abbigliamento di tendenza, l’Onestà, La Mela e i negozietti con i capi firmati per i giovani, perché c’erano i Paninari e tutti cercavano la camicia Najoleari, il jeans Uniform con la sua U verde sulla tasca posteriore, il maglione Stone Island, le cinture ElCharro, lo Schott di pelle e ai piedi Timberland o stivali El Campero.
La spesa alla Upim, alla Standa o al Market 2000 in via Torino, il gelato “spaghetti al tegamino” alla Jantet, il frappé in capannina e per i più nostalgici, il Remo dei gelati.
Altri tempi, altri pensieri, altre aspettative. Il modo sembrava perfetto così, le grandi compagnie si organizzavano e si trovavano lo stesso, senza WhatsApp e senza Facebook, conoscevamo i genitori dei nostri amici e loro conoscevano noi, perché eravamo obbligati a chiamarli a casa, sul fisso. I selfie erano i nostri ricordi o al limite qualche scatto con la polaroid di papà.
La fiera in Via Lamarmora e poi in piazza del mercato, con le rivalità tra paesi davanti al Tagadà, lo speaker a urlare frasi sconnesse per obbligarci a stare in piedi e noi, come novelli atleti a finger di esser piu grandi e la sera, i lividi.
I locali notturni che troppo notturni non erano, perché si usciva alle 20, non a mezzanotte, si andava in Klapak, poi al Master, al Cancello oppure a far festa ai Cammelli.
Non c’era bisogno di ciondolare ubriachi per il centro, perché i genitori erano genitori e la sera, al rientro troppo tardi o troppo sbronzi, rischiavamo che fossero loro a farci ciondolare.
Gli anni di una Biella che non c’è più e chi non l’ha vissuta non la potrà mai capire, anche perché non ha tempo né voglia di farlo, ci sono troppe cose inutili da fare oggi e ci pensa lo smartphone a ricordare per noi… e per loro.