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Biellastory – Via Italia, la vasca che non c’è più!

La vasca in via Italia, quanti ricordi, quanta passione, un rito che un tempo si ripeteva a ritmo costante, ogni fine settimana, coinvolgendo praticamente tutti, persone di ogni etnia, età e ceto sociale. Una tradizione tramandata di generazione in generazione come un vecchio cappello di Barbisio.

Erano gli anni dell’Upim, di via Italia 9 e di Sound & Vision, a sbriciare dietro la tendina del retro negozio le copertine delle VHS vietate ai minori, sperando che il vecchio non se ne accorgesse e se colti sul fatto, via di corsa lungo il viale, fino al cortile del cinema Apollo, dove di sfuggita si recuperava, guardando la locandina hot, diversa ogni settimana e poi i pomeriggi appostati, aspettando uomini di tutte le età e ceto sociale che con non calanche varcavano il portone, diretta alla proiezione hard pomeridiana.

Gli anni dei primi amori, consumati furtivamente sotto i portici della Standa, lontano da occhi indiscreti, e inevitabili i primi approcci alla musica, le cassette, i vinili e immancabile era la tappa alla discoteca di Valerio, a sbavare sulle vetrine sognando le T-shirt Metal accuratamente esposte, i portafogli a strappo dei Kiss e i gadget rock dei nuovi idoli appena scoperti.

Poi c’erano i negozi, quelli storici come La Mela, Ronco scarpe e molti altri di cui si è perso il ricordo, dove ogni buon Paninaro spendeva la paghetta per assicurarsi il capo firmato più trandy, dalla camicia Naj Oleari al pantalone Uniform, con la sua immensa U verde stampata sulla tasca posteriore, emblema indistinguibile di moda che sembrava non dovesse finire mai.

La concessionaria di lusso in Via Matteotti, con i più giovani a chiedersi ingenuamente come facessero a portare le auto li dentro.

La libreria del Viale, con il suo proprietario schivo e sempre indaffarato a leggere qualcosa, che a entrarci sembrava quasi di arrecare disturbo, però ci si andava, perché era in qualche modo magica.

Che tempi e che amarezza, vedere come tutto si sia perso in così poco tempo, ripercorrere oggi quell’isola pedonale tanto invidiata e calpestata e ritrovare solo l’ombra di se stessa, tra cartelli “affittasi” e locali dismessi.

Anche la gente non è più quella di un tempo, l’entusiasmo nemmeno e ad osservarla oggi, quello che emerge, la maggior parte delle volte, è un quadro avvilente fatto di “apparire”, automi tutti uguali e brutte copie di persone felici, intente solo ad atteggiarsi in patetiche sfilate fatte ad arte, sfoggiando improbabili mise che più che esaltare la persona, avviliscono per la loro pochezza di stile.

Oggi è consuetudine vedere schiere di leggings troppo stretti in donne troppo larghe, pellicce vere e finte a settembre e top smanicati a Gennaio, per esaltare il nuovo tatuaggio cool, perché diciamolo, va mostrato, per forza, sempre, poco importa rischiare l’influenza, è il giusto prezzo che si paga per essere alla moda.

Ragazzini con tagli alla One Direction, che neanche i One Direction userebbero più, uomini con riporti cosi evidenti che ci si chiede, rabbrividendo, da dove partano realmente. Finti Rolex sopra il polsino di finte camice di marca, che farebbero sorridere anche il Conte Max, ma soprattutto: quindicenni che si atteggiano a ventenni, ventenni che si atteggiano a trentenni, trentenni che si atteggiano e basta e cinquantenni che si atteggiano a quindicenni, cosi, giusto per chiudere il “cerchio magico” del disagio.

La Vasca oggi ha assunto un sapore completamente diverso, improbabili personaggi in cassa-integrazione o in mobilità, con accessori da migliaia di euro, sfilate ingombranti di auto sportive parcheggiate davanti al Bar più IN, senza un perché, tra facce accondiscendenti e inebetite.

Un tempo era tutto diverso, il paragone è inevitabile, in quelle poche ore a passeggio non contavano i problemi, l’importante era rilassarsi senza dover per forza dimostrare qualcosa, anche quando non si poteva.

E a noi cosa resta se non il pallido ricordo di quello che fu, ora tutto tace, ora è tutto dirottato agli Orsi, ma questa è un’altra storia, una storia che non possiamo non raccontare.

LBCP

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